Lords of the Fallen (2023) - Recensione

Una guerra combattuta in bilico tra due mondi.

Lords of the Fallen - La recensione - Lords of the Fallen (2023)

A RECENSIONE IN BREVE

  • Un soulslike che riesce ad aggiungere qualche ingrediente in più a una formula di base ormai ben rodata.

  • Umbral, il mondo dei morti, è sia un’opportunità (e uno spauracchio costante) a livello di gameplay, che una risorsa per trasmettere dettagli in più in merito al mondo di gioco.

  • Nonostante le patch post lancio non tutto funziona ancora come dovrebbe: a farne le spese, in questa fase, è in particolare la modalità multigiocatore.

Sono passati quasi dieci anni dall’uscita di Lords of the Fallen, eppure siamo qui a scrivere di Lords of the Fallen: che razza di gestazione per una recensione. L’incompresione nasce proprio dalla volontà, da parte di CI Games, di dedicare assieme un seguito e un remake del loro successo del 2014 (Voto: 7.7 - Recensione), rifiutando di appioppare in coda un bel “2” o di parlare apertamente di remake. Il senso in realtà c’è, ed è questo: il nuovo Lords of the Fallen è una rielaborazione del progetto iniziale, che avvicina tutto l’apparato narrativo verso il dark fantasy e rimette in discussione ogni meccanica di gioco. Per far questo, CI Games ha lasciato le redini in mano a uno studio interno di recente fondazione, Hexworks, con doppia sede europea (Barcellona e Bucarest).

Il precedente Lords of the Fallen non era stato definito come “Il primo vero clone di Dark Souls” per caso: al prodotto di Deck13 e CI Games toccò l’ingrato compito di aprire le danze agli epigoni di Miyazaki, dando il via a un sottogenere vero e proprio di action rpg. Il nuovo Lords of the Fallen non è di certo immune da influenze esterne, ma non pesca le proprie fonti di ispirazioni soltanto dalla scia di From Software; lo spettro più (felicemente) presente al suo interno è senza dubbio quello di Legacy of Kain: Soul Reaver, sia per alcune meccaniche di gioco simili, sia per i gustosi omaggi che strapperanno un sorriso a chi conserva nel cuore il gioco di Crystal Dynamics (eccomi, presente!).

Una crociata verso la fine del mondo

Le orde del dio-demone caduto, Adyr, compiono scorribande nelle terre di Mournstead da quando i pilastri di luce eretti dagli uomini per impedire il ritorno dell’antica divinità sono stati corrotti, a seguito della sconfitta delle Sentinelle che li custodivano. I discepoli di Orius, la nemesi di Adyr, sono uniti per sconfiggere le sue schiere di mostri e sono pronte a tutto pur di riuscirci, persino ad accogliere tra le proprie fila l’eresia rappresentata dai crociati oscuri e dalle loro arti magiche. Arruolato, per caso o per destino, da questa fazione, il protagonista comincia il suo viaggio verso i pilastri corrotti disseminati in questa terra in rovina.

Ci troviamo di fronte a un soulslike con fondamenta classiche, composte da cure limitate, gestione della barra della resistenza, attacchi e schivate; quello che rende unico Lords of the Fallen è la lanterna Umbral, un artefatto in grado di collegare chi la brandisce con il regno omonimo, una realtà speculare e spettrale, disseminata di orrori e creature terribili. Ci sono due modi per entrare in questo regno di morte fin troppo abitato: il primo, più tragicamente semplice, è morire nel mondo dei vivi (chiamato Axiom), ma ci si può trovare a varcare volontariamente la soglia utilizzando il potere della lanterna qualora si dovessero risolvere certi enigmi ambientali (alcuni elementi di due mondi differiscono, certi passaggi sono ostruiti da un lato ma aperti dall’altro) o recuperare oggetti nascosti.

Imbracciando la lanterna si può sbirciare oltre il velo di Umbral per capire se intorno al personaggio si celano passaggi o tesori nascosti, ma attenzione: quando guardi dentro l’abisso, c’è sempre la possibilità che l’abisso ricambi il favore. Osservare il mondo dei morti assottiglia la connessione tra il crociato e Axiom, permettendo ad eventuali mostri che abitano Umbral di trascinare il malcapitato oltre il velo; si tratta di uno dei molti dettagli inseriti dagli sviluppatori per far sì che il mondo spettrale rimanga sempre una minaccia per il giocatore, anche quando non si trova al suo interno.

Umbral è anche il mezzo principale attraverso cui Lords of the Fallen racconta il suo mondo senza usare parole. Se Axiom, la terra dei vivi, è lo scheletro di un passato glorioso che rivive solo nei testi, nelle descrizioni e in certi dialoghi, il regno dei morti si permette spesso di mostrare manifestazioni fisiche delle ferite che hanno martoriato Mournstead: sagome vaghe di giganti che un tempo, forse, hanno seminato distruzione nel regno, architetture infernali, degne di Giger e Miura, si sovrappongono a quelle umane, muovendosi attraverso meccanismi animati da un barlume di vita, sospesa, intrappolata all’interno di una gabbia di carne e ossa.

Entrambi i mondi pescano dall’immaginario o dalla cultura occidentale; gli oggetti trasportati e utilizzati dal protagonista danno un sostanziale contributo alla figura del crociato oscuro. Brandendo armi e strumenti che trasudano lo stesso potere delle creature che combatte, vestendo ciò che resta degli indumenti e delle armature di combattenti devoti di Orius o invasati cultisti di Adyr, l’anti-eroe di Lords of the Fallen è lo specchio della decadenza del mondo che abita, spogliato di morale e pronto ad accogliere la fine da un momento all’altro.

Nel disegnare questo quadro anche la colonna sonora svolge un ottimo lavoro, facendo largo uso di effetti sinistri abbinati a silenzi prolungati che raramente rilassano il giocatore, permettendogli semmai di percepire la mancanza di vita che caratterizza la Mournstead di Axiom.

Non ci sono, se non raramente, sinfonie epiche e, anche quando fanno capolino hanno sempre un tono tragico: magari quello di uno scontro con un boss cominciato per sbaglio, e per il quale si è del tutto impreparati; il miglior uso di un insieme di suoni e musiche in sottofondo appartiene all’Umbral ed enfatizza il peso del tempo passato all’interno del regno dei morti. Man mano che si rimane oltre il velo che protegge il mondo dei vivi, il protagonista accumula paura: questo fa sì che gli spettri di questo reame lo percepiscano più facilmente. I nemici si moltiplicano, fino al sopraggiungere di un mietitore letale: a quel punto c’è da correre verso una via di fuga che conduca di nuovo verso Axiom.

Respingere l’apocalisse

Ma Lords of the Fallen è soprattutto il continuo combattimento contro le orde dei seguaci di Adyr e gli spettri che infestano Umbral. Gli scontri si basano su schivate rapide ed efficaci che vengono molto spesso controbilanciate da ambienti pericolosi, con frequenti rischi di cadute e nemici che accorrono da ogni angolo (specialmente nel regno dei morti); si può passare, nel corso di una sequenza di attacchi, dalla presa a una mano a quella a due mani dell’arma equipaggiata, alternando in maniera piuttosto fluida le diverse tipologie di combattimento.

Nonostante ogni categoria di armi abbia colpi più efficaci di altri, gli scontri sono studiati in modo da alternare in maniera costante duelli uno contro uno con nemici più forti a lotte brutali contro orde di avversari più modesti, rendendo necessario l’utilizzo di approcci diversi. La magia e le armi a distanza (questi ultimi utilizzano riserve di proiettili che, come il mana, si rigenerano riposando ai checkpoint) non sono appannaggio di build particolari, ma strumenti necessari per riequilibrare situazioni altrimenti drammaticamente compromesse.

Il fatto che il protagonista debba morire due volte prima di arrivare al game over (una volta in Axiom, una in Umbral) ha concesso margine in più agli sviluppatori per la costruzione di incontri difficili; una caduta nel vuoto non è così drammatica se si ha a disposizione un secondo tentativo, ed è probabilmente per questo che Lords of the Fallen è pieno zeppo di passerelle, piattaforme, pozze di acido, nemici in agguato e cose di questo genere. Allo stesso tempo, dal momento in cui si raggiunge Umbral entra in gioco la necessità di trovare un’uscita, quindi questa seconda occasione non arriva certo senza i suoi lati negativi.

Umbral è, ormai lo avrete capito, il punto di forza di Lords of the Fallen: è l’elemento che genera un senso di inquietudine e di pericolo costante ma, allo stesso tempo, rimane un’opportunità per il giocatore. In più, dover alternare i due mondi con una certa frequenza impone al gioco continui cambi di ritmo; il fatto, poi, che il regno dei morti pulluli pressoché ovunque di mostri che compaiono dal nulla (più o meno letteralmente) e in numero sempre maggiore rende, sulla carta, qualsiasi luogo vicino a un checkpoint un ottimo punto per farmare punti esperienza, livelli e consumabili. Non dovendo quindi cercare il posto perfetto per questo scopo, si possono alternare le fasi esplorative a quelle di raccolta in maniera molto naturale.

Raccontare la rovina

La storia di Lords of the Fallen è la storia di Mournstead. Come spesso nella formula soulslike, la narrazione prende piede ai margini di qualcosa in larga parte già accaduto che rivive in parte grazie alle azioni del protagonista, e in parte a testimonianze scritte o prove visive di ciò che si è svolto in passato. La crociata della chiesa di Orius contro il ritorno di Adyr è lo specchio della guerra attraverso la quale le sentinelle hanno bandito dalla realtà il dio-demone; la tensione tra Orius, Adyr e l’entità che si annida in Umbral – che poi diventa, in automatico, la tensione tra i rispettivi seguaci – è più che sufficiente ad animare un’ambientazione viva, mossa da forze in gioco al tempo stesso chiare ma dai connotati morali tutt’altro che facilmente inquadrabili.

Rimane, come da tradizione impostata a suo tempo da From Software, l’idea che il protagonista sia uno strumento in mano a forze ben più grandi di lui; se si vuole cambiare questa direzione c’è la necessità di studiare più a fondo quanto succede (e quanto successo in passato), attraverso le tracce scovate nel mondo di gioco. Qui Lords of the Fallen fa largo uso dei ricordi annidati in Umbral, disseminati nei vari luoghi del gioco, per evitare di affidare buona parte di questo carico alle descrizioni degli oggetti e degli equipaggiamenti (che pure rivelano dettagli, ma spesso contengono poco più di aneddoti), rendendo la ricerca della verità un’operazione meno gravosa per il giocatore. In contrasto con questa possibilità, c’è il fatto che la direzione da prendere viene determinata molto presto nel gioco grazie a determinate scelte che, se compiute, precludono l’accesso ai finali alternativi (voglio evitare spoiler, ma se è vostra intenzione avere più possibilità tenete presente che è possibile posticipare certe azioni che influiscono sulla storia).

Per quanto riguarda lo sviluppo del proprio personaggio, una volta lasciate alle spalle le prime ore di gioco – e i limiti derivanti dalla classe di partenza scelta – si procede verso un sistema molto libero, in cui il giocatore si muove il più delle volte sulla base di quali armi o incantesimi si mette in testa di utilizzare. L’afflusso di nuovi equipaggiamenti è costante: Lords of the Fallen non si risparmia: anche grazie al vasto parco di armi a distanza o da lancio, nonché alla buona distribuzione delle risorse necessarie al loro potenziamento, è sempre semplice cambiare o aggiustare la direzione data al proprio avatar. Dato che il limite oltre il quale l’aumento di una data caratteristica cessa di essere davvero vantaggioso è relativamente basso, il gioco incentiva la creazione di build variegate.

Arrivati alle battute finali, salire di livello smette di essere una priorità e l’accumulo di risorse e consumabili diventa preferibile; si tratta di un passaggio necessario a preparare il giocatore a quello che, forse, è il New Game+ più crudele che io abbia mai visto, nel quale le Vestigia (i checkpoint permanenti del gioco) sono distrutti, HUB escluso, e il giocatore è costretto a ricorrere ai Germogli, checkpoint usa e getta creabili bruciando un consumabile. La scelta è estremamente drastica e sinceramente poco in linea col design del gioco: dal momento che piantando un Germoglio si distrugge quello precedente, il backtracking diventa sostanzialmente un incubo. Il problema è abbastanza attutito se si intende portare a termine il NG+ con il finale “standard”, ma se si intende sbloccare una delle altre conclusioni la partita diventa un vero e proprio incubo.

Ma c’è un altro importante segmento del gioco che, in qualche modo, esula dal contesto della prima partita nuda e cruda risultando purtroppo lacunoso: il multigiocatore. Sulla carta, Lords of the Fallen sarebbe in grado di offrire un ottimo pacchetto, soprattutto grazie alla grande varietà di equipaggiamenti e incantesimi a disposizione, ma ci sono davvero troppe cose, allo stato attuale, che si mettono in mezzo. Il primo tra tutti i problemi è il matchmaking, sul quale, a quanto pare, gli sviluppatori stanno lavorando: l’abbinamento non sembra tenere bene conto della qualità della connessione tra le parti, e questo porta a tre diverse situazioni.

Il fatto che sia possibile creare build incentrate sul supporto di altri giocatori la dice lunga su quanto sia un peccato non poter sfruttare per bene la modalità multigiocatore.

La prima, di gran lunga più frequente, è che il gioco fallisca a connettere i giocatori; in quel caso si viene rimandati al proprio mondo dopo una breve schermata di caricamento, ma se si vuole riprendere il matchmaking tocca tornare a un checkpoint per riavviarlo manualmente (rendendo di fatto inutile aver reso disponibile la funzione di ricerca abbinamento in background). Nella mia esperienza, al momento, questa situazione si presenta più o meno tre volte su cinque. Il secondo caso, ancora più frustrante, è che si finisca a destinazione ma che la qualità della connessione non permetta una partita fluida, e per un gioco basato, sia in PvP che in CoOp, su schivate e attacchi eseguiti sul giusto tempismo, si tratta di un quadro davvero indesiderabile.

L’ultimo, più fortunato e raro caso è che la connessione avvenga e la qualità sia accettabile. Qui si apprezza un PvP da un lato molto divertente, con l’invasore in grado di infliggere grandi danni all’host che però, dal canto suo, ha a disposizione una seconda vita in Umbral, ma che dall’altro lato risente doppiamente dei problemi al matchmaking dato che, in origine, il sistema prevedeva il bilanciamento delle invasioni utilizzando un sistema di aiuti. In pratica, una volta invasi, teoricamente il gioco avrebbe dovuto ricercare un altro utente da mandare in soccorso del malcapitato, ma allo stato attuale delle cose non mi è mai capitato (non che, dati i problemi negli abbinamenti, le invasioni siano così frequenti). È davvero un peccato, anche perché ci sono succulente ricompense in gioco riscattabili unicamente con le valute ottenute dalle diverse tipologie di attività in multigiocatore.

Un’ultima nota in merito: quando si corre in soccorso di un altro portalanterna non si ha a disposizione, al momento, un’opzione per tornare al proprio mondo che non sia uscire brutalmente dal gioco. Se quindi, com’è successo a me, ci si trova in balia di un giocatore che non ha idea di dove andare dopo aver sconfitto un boss, a meno di non riuscire a comunicare a gesti cosa deve fare ci si trova costretti ad aspettare che l’host prenda una decisione… o che la noia spinga a chiudere l’applicazione in toto.

Per quanto riguarda il lato tecnico, che aveva destato molte preoccupazioni al momento del lancio, la situazione è di certo migliorata. Le performance restano stabili se si escludono alcune aree – come l’HUB di gioco – in cui certi passaggi provocano cali percepibili, soprattutto quando ci si trova in Umbral, ma non ci sono mai state situazioni in cui questi problemi si sono tradotti in inconvenienti in situazioni concitate. Lo stesso non si può dire delle collisioni, perché capita spesso che un singolo ostacolo di piccole dimensioni, nascosto alle spalle del personaggio, impedisca per qualche istante di troppo il movimento in maniera del tutto innaturale. Dopo le patch pubblicate negli scorsi giorni, quantomeno, Lords of the Fallen non si è più chiuso inaspettatamente e, nonostante certi difetti estetici rimangano evidenti (il caricamento rallentato delle texture, per esempio), quantomeno risulta giocabile senza grossi intoppi.

Verdetto

Lords of the Fallen è un soulslike fatto di alti e bassi. La sua componente principale, l’avventura per giocatore singolo, è di ottimo livello: Mournstead è un’ambientazione affascinante e la storia che il gioco racconta è cupa e crudele quanto basta; a livello di gameplay, la presenza di Umbral riesce a dare spessore a un action rpg altrimenti piuttosto da manuale, nel bene e nel male – ma è un’aggiunta abbastanza corposa da giustificare il resto. Gli scontri con i boss sono ben bilanciati e, nonostante il pattern composto dall’incontro con un boss minore e la successiva scoperta di quello stesso nemico utilizzato in seguito come mostriciattolo qualunque tenda a diventare ripetitiva, la trentina di ore che ho speso nella mia prima partita sono corse via con grande leggerezza. Peccato che il lato tecnico, nonostante si sia lasciato alle spalle i problemi più gravi, mostri ancora dei difetti estetici piuttosto evidenti, e che la modalità multigiocatore risulti quasi inservibile, tarpando con decisione le ali a un prodotto che resta valido, ma avrebbe potuto splendere molto di più.

In questo articolo

Lords of the Fallen (2023)

Hexworks | 13 Ottobre 2023
  • Piattaforma

Lords of the Fallen - La recensione

7.8
Discreto
Qualche inciampo di troppo non impedisce a questa riedizione del soulslike di CI Games di portare a casa il risultato.
Lords of the Fallen (2023)