Atomic Heart: l'ultima prova prima della recensione

L'ira dei droidi.

Atomic Heart: l'ultima prova prima della recensione

Dopo circa cinque anni dal suo spettacolare trailer d'annuncio, ci troviamo ormai a un mese dal lancio di Atomic Hearth, lo sparatutto in prima persona rigorosamente single player che ci proietterà in una curiosa trama in cui, in una linea temporale alternativa costruita su un immaginario di derivazione sovietica, ci troveremo a combattere contro androidi molto arrabbiati. La buona notizia è che, dopo aver giocato un paio d'ore di una versione sostanzialmente definitiva del gioco, questa sorta di Bioshock bolscevico sembra aver meritato tutta la nostra pazienza: il suo sistema di combattimento superpotente, la storia affascinante e un setting spettacolare si uniscono per creare un immaginario coeso e capace di prendere vita proprio come uno dei robot assassini che escono dalle sue linee di produzione.

I momenti iniziali della trama di Atomic Hearth (una campagna che dovrebbe durare circa 25 ore) ci portano dalle strade baciate dal sole di Chelomey City, una città costruita letteralmente sulle nuvole, fino ai bassifondi e alle profondità sotterranee di una struttura distrutta chiamata Valilov, dove una rivolta di robot ha spazzato via praticamente ogni lavoratore umano. Armi e skill vengono forniti piuttosto lentamente, nei momenti iniziali del gioco, e con solamente un'ascia da pompiere e un fucile a pompa a disposizione mi sono trovato a dover affrontare i livelli in modalità silenziosa, perlomeno quando era possibile. Una scelta chiara di design, visto che i primi upgrade che si possono sbloccare sono miglioramenti relativi alle capacità di seguire i nemici attraverso i muri e di disattivare le telecamere di sorveglianza per evitare che la nostra presenza attivi degli allarmi.

Nei casi in cui è capitato di rivelare la mia presenza, il livello di sfida presentato dai primi avversari di Atomic Hearth mi ha spiazzato: questi resistentissimi terminator ignorano le coperture e tendono invece ad avanzare in linea retta al fine di pestarci per benino, e anche se si riesce a girar loro attorno e ad attivare lo scatto per ripristinare un po' di sana distanza, possono sempre aprire le loro fauci per sparare un raggio laser nella nostra direzione. Ammetto di aver perso la vita un po' di volte all'inizio, mentre cercavo di apprendere il ritmo dei combattimenti e il peso degli attacchi a corto raggio, ma la fatica che ho provato mi ha dato grande soddisfazione, soprattutto quando ho potuto sbloccare alcuni attacchi alternativi che mi hanno reso più gradualmente più efficace nel trasformare questi robot in ammassi di lamiera sovietica.

Mentre proseguivo nell'esplorazione degli angoli oscuri della prima struttura di Atomic Heart, sono rimasto piacevolmente sorpreso nello scoprire tantissimi esempi di un design intelligente. Ravanare tra i corpi e gli armadi alla ricerca di munizioni e materiali per il crafting è un'operazione noiosa quanto fondamentale in molti degli altri FPS, quindi il poter raccogliere tutto, un po' in stile aspirapolvere, grazie a un guanto potenziato dall'Intelligenza Artificiale rappresenta un aiuto davvero gradito: è un po' come quando si aspirano le monete sparse in una stanza dopo aver sconfitto un fantasma in Luigi's Mansion. Questo non significa che non venga ricompensato chi decide di spendere più tempo per esplorare ogni centimetro dell'ambientazione circostante, e ho apprezzato alcuni diversivi (opzionali, per carità) che gli sviluppatori hanno disseminato in giro, come una versione in salsa sovietica dei cartoni animati dei Looney Tunes, visibili sui televisori sparsi per il gioco, oppure la possibilità di fare scherzi telefonici entrando nelle apposite cabine.

Robot Rock

Ovviamente, se si vuole riempire il proprio gioco con maniaci meccanici, bisogna accompagnare tutto con una colonna sonora adeguata, basata su suoni heavy metal, e da fan di Doom quale sono mi ha fatto piacere ascoltare le tipiche accordature di chitarra di Mick Gordon e le doppie grancasse che uscivano dai diffusori mentre affrontavo uno dei boss, una palla da demolizione robot che rimbalzava qui e là per l'arena come se fosse un Categnaccio che ha bevuto troppo caffè. Gordon, con la sua abilità, è riuscito perfettamente ad associare i suoi potentissimi riff con gli headshot che mettevo in fila, come un vero e proprio sommelier dell'accompagnamento acustico di un FPS: è un aspetto che non va sottovalutato, e il risultato è che le sequenze di maggior azione di Atomic Heart risultano molto più potenti grazie al suo coinvolgimento.

Da un lato, quindi, non riesco a smettere di apprezzare il modo in cui l'heavy metal accompagna la... distruzione del metallo, ma non sono ancora completamente convinto dal chiacchierone che fa da protagonista in Atomic Heart. Le battute dell'Agente P-3 sono pensate per ricordare il tipico eroe d'azione gradasso e dotato di super-ego, ma arrivano alle mie orecchie in un modo più vicino al ripetitivo blaterare di un quattordicenne che gioca a Fortnite. Visto che Atomic Heart si appropria di concetti visti in giochi come Half-Life 2, Bioshock e Doom, a volte ho sentito proprio il bisogno di avere ai miei comandi un protagonista silenzioso.

Se non altro, mi hanno divertito molti dei robot "amichevoli" che ho incontrato, anche se i continui riferimenti sessuali e i doppi sensi di NORA - l'entità che ci vende le armi, tipicamente posizionata vicino ai punti di salvataggio - mi ha fatto domandare se fosse possibile denunciare un'Intelligenza Artificiale ai responsabili delle risorse umane. Sembra una sorta di versione trasandata di Siri, e conclude ogni transazione con flirtando con frasi tipo "Non vedo l'ora che le tue mani forti afferrino la mia interfaccia con lussurioso abbandono!"

Ho anche una lieve preoccupazione riguardo agli ampi spazi che dividono le cinque sezioni principali di Atomic Heart, che sembrano prive di cose interessanti da scoprire. Anche se mi sono divertito a provare le mie abilità, tipo l'elettro-shock e il force-slam, su gruppi di sentinelle che pattugliavano queste zone, e a intervenire rapidamente per evitare che i robot riparatori rimettessero in piedi i nemici appena abbattuti, non ho potuto evitare di notare come quello che mi circondava fosse apparentemente popolato dalle stesse strutture e da pochi tipi di veicoli, nel poco tempo che ho potuto spendere nell'overworld del gioco. Questo contrasta con l'apertura del gioco, a Chelomey City, che sembra densa e riccamente dettagliata, ma può essere attraversata solamente attraversando un percorso lineare.

Detto questo, anche se l'area aperta del gioco servisse primariamente come zona in cui eliminare orde di robot per raccogliere parti utili a realizzare nuovi potenziamenti, sembra che le strutture principali possano controbilanciare con un livello di creatività sufficiente per sostenere tutta l'avventura, dai laboratori sotterranei caratterizzati da pozze d'acqua sospese a mezz'aria dentro cui si può nuotare per evitare rapidamente un attacco, a varie stanze piene di enigmi da affrontare sfruttando i poteri del guanto, in costante evoluzione.

La mia breve prova con Atomic Heart ha solleticato la mia curiosità e mi ha fatto aumentare un po' i battiti: se sarà in grado di dimostrarsi intrigante e ingegnoso per tutto il suo svolgimento, potrà regalarci un viaggio davvero speciale.

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Atomic Heart

Mundfish | 21 Febbraio 2023
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